Un articolo di oggi sul Messaggero a firma Paolo Balduzzi portava questo titolo “SIAMO IN TEMPO PER RIPENSARE LA TRANSIZIONE”. Io non so come abbia fatto l’autore a dire che c’è ancora tempo , e quanto ce ne sia, per ripensare la transizione, e soprattutto come va ripensata. Ma temo che il tempo sia già abbondantemente scaduto.

L’articolo gronda di termini come “mercato” e paragona la nostra situazione produttivo-economica a una situazione in bilico su un lago ghiacciato (?) che andando avanti così ci inghiottirà tutti. Come già sta succedendo alla Volkswagen tedesca. Sì perchè il disastro a cui tutto l’articolo fa riferimento non è quello climatico ma quello appunto produttivo-economico. A parte il fatto che il lago a cui il giornalista fa riferimento da mò che è secco, causa appunto disastri climatici, pure se è metaforico, pensa te. Però vedete? Qui abbiamo un esempio fulgido di quanto ancora ci sia da fare , anche se temo che non ve ne sarà il tempo, per far capire che qualunque interesse economico non può mai essere più importante di quello di una sanità pubblica, di una qualità del vivere. Non è il PIL a definire un popolo o una Nazione migliori, sono i valori spirituali, creativi, empatici, culturali a farlo, mai quelli economici. Pasolini ci aveva avvertiti della differenza tra sviluppo e progresso.

Invano, credo. Viviamo in mezzo a disastri climatici mai vissuti prima, e il disastro climatico viene tacciato per normale, per naturale , per esagerato, e comunque molto figlio dell’ideologia. Credo, però, che i ghiacciai si sciolgano in modalità record non certo perchè sono dei sporchi comunisti. Balduzzi poi è un bravo giornalista che ha collaborato con la Chiesa, per esempio nella realizzazione di “A sua immagine” , e pensare come non realizzabile una conversione delle aziende e della economia in atto in qualcosa di diverso, più sano, meno molesto, più umano, anche se forse persino più redditizio, non è certo pensiero così tanto cattolico. E non è così bello constatare che nelle considerazioni di Balduzzi vengono taciuti tutti i peggioramenti causati dalla mano dell’uomo dal postindustriale in poi. Dal ‘700 ad oggi, infatti, siamo a 440 P.P.M. di CO2 emessi , mentre dalla venuta dell’uomo sulla terra fino all’età industriale era di circa 220 P.P.M., cioè in pochi anni è aumentato del doppio rispetto a centinaia di migliaia di anni. Per non dire delle deforestazioni aumentate del 40 % in un anno, e dei terreni, dei cibi, dei liquidi, delle emissioni di gas, che l’allevamento intensivo richiede, che la lobby del mercato della carne, diventato il maggior agente inquinante del pianeta, richiede. Ogni anno vengono uccisi 170 miliardi di animali. Il 70 % della superficie agricola serve all’allevamento intensivo. E si potrebbe continuare così con questo elenco di efferatezze compiute nell’indifferenza dei più ai danni di Madre Natura. Allora forse, anche a un occhio semplice e inesperto come il mio, può apparire più educativo, più costruttivo, ricordare che tutta questa scelta noi non ce l’abbiamo, o perlomeno non l’abbiamo più, e per colpa solo nostra. La situazione climatica, peggiorata dall’intervento dell’uomo, non chiede più il nostro parere. Dopo aver provato in tutti i modi di avvertirci di avere bisogno di aiuto e di attenzione , ci lascerà in balia della rovina così puntigliosamente e doviziosamente costruita da noi stessi per noi stessi. Le misure non per arrestare, non si può più farlo, ma per contrastare il disastro debbono per forza essere senza mezzi termini. Oppure continuiamo a sopravvivere alla giornata. Certo è un po’ irritante ,per quelli che hanno capito il guaio grosso che stiamo vivendo, morire per colpa di quelli che il guaio l’hanno creato. E mi viene in mente Einstein che diceva :” A un topo non verrebbe mai in mente di costruire una trappola per topi”…..

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